Omeopatia
Le origini dell’omeopatia
“I simili si curino con i simili” : l’omeopatia si basa sul principio per cui una malattia andrebbe curata con le stesse sostanze che, nell’individuo sano, producono sintomi simili a quelli manifestati dal malato. Questo principio risale al medico greco Ippocrate, vissuto nel V secolo a.C.
Considerato il padre storico della medicina, fu il primo a credere che la malattia fosse causata da agenti naturali e non da influssi divini. L’idea centrale sulla quale si fondava la sua concezione era che, prima di formulare una diagnosi, fosse necessaria un’attenta osservazione dei sintomi specifici di un individuo e delle sue personali reazioni alla malattia. Riteneva, inoltre, che i poteri di guarigione posseduti dai pazienti stessi fossero essenziali nella scelta di una cura appropriata e andassero pertanto stimolati. Ippocrate conosceva centinaia di rimedi. Un esempio classico del principio “i simili si curino con i simili” fu l’uso che Ippocrate fece della radice di Veratrum Album (elleboro bianco) come rimedio per il colera. In grandi dosi, infatti, questa radice altamente velenosa provocava gli stessi sintomi del colera: diarrea violenta e forte disidratazione.
In quel tempo, però, la maggiorparte dei farmaci si basavano sulla “dottrina dei contrari”. Secondo questo stile terapeutico, la malattia doveva essere trattata con una sostanza capace di produrre sintomi opposti in una persona sana. Curare la diarrea con una sostanza come l’idrossido di alluminio che provoca stitichezza è un esempio di applicazione della legge dei contrari.
L’ opera di Hahnemann
Il fondatore dell’omeopatia, Samuel Christian Hahnemann, nacque a Dresda, in Germania, nel 1755. Nonostante le sue umili origini, ebbe una buona educazione e studiò medicina e chimica presso le università di Lipsia, Erlangene Vienna. Iniziò a esercitare la professione medica subito dopo la laurea, nel 1779.
Sebbene la sua attività principale fosse quella di medico, Hahnemann arrotondava lo stipendio scrivendo articoli e libri di medicina e chimica. In questi scritti non perdeva occasione per criticare le pratiche mediche del suo tempo, fra cui i salassi, le purghe e l’impiego di medicinali in dosi massicce, che comportavano dannosi effetti collaterali. Sempre più disilluso dalle pratiche della medicina ufficiale, Hahnemann decise infine di abbandonare la sua professione per dedicarsi al lavoro di traduttore.
I PRIMI ESPERIMENTI
Nel 1790, traducendo la Materia Medica di William Culle, Hahnemann rimase colpito dalla trattazione relativa alla corteccia di china: un fatto destinato a cambiare la sua vita e quella di milioni di altre persone in tutto il mondo. Nel suo libro, Cullen affermava che il chinino, una sostanza che si estrae dalla corteccia degli alberi di china, era un buon rimedio per la cura della malaria grazie alle sue qualità astringenti. Hahnemann si rese subito conto che questa spiegazione non aveva senso, dato che, essendo un chimico, conosceva sostanze molto piu astringenti del chinino che però non avevano nessun effetto sulla malaria. Per cercare di chiarire la questione, decise di sperimentare il farmaco su se stesso e per alcuni giorni si somministrò piccole dosi di chinino e registrò con cura le reazioni. Con sua grande sorpresa, Hahnemann iniziò a manifestare i sintomi della malaria, nonostante non fosse malato. I sintomi si presentavano ogni volta che assumeva una dose di corteccia di china e duravano alcune ore. Quando interrompeva l’assunzione di chinino, i sintomi svanivano. Era forse questo il motivo per cui la malaria veniva curata con il chinino? Per verificare la validità della propria teoria ripetè la somministrazione di dosi di chinino su altre persone sane, annotando ancora una volta tutte le reazioni. Hahnemann impiegò poi lo stesso tipo di sperimetazione su altri farmaci di uso comune, come l’arsenico e la bella donna, sempre in condizioni di assoluto rigore: i soggetti non potevano bere o mangiare niente che potesse alterare i risultati, come alcol, tè e cibi salati o piccanti.
I SINTOMI CHIAVE
Hahnemann si accorse che le reazioni dei vari individui erano diverse: alcuni presentavano solo leggeri sintomi, mentre in altri i sintomi erano più forti e diversificati. Decise così di stabilire una gerarchia mettendo al primo posto i sintomi più frequenti per ogni sostanza sperimentata, che chiamò sintomi chiave, al secondo posto quelli meno frequenti, e infine quelli più rari o idiosincratici. La combinazione dei vari sintomi dava vita a un “quadro patogenetico” del rimedio sperimentato. Hahnemann continuò i suoi esperimenti esaminando un ampia gamma di elementi naturali. A lui spetta il merito di aver riscoperto il principio dei simili, dal quale sarebbe partito per formualre le leggi di un nuovo tipo di medicina.
I NUOVI PRINCIPI MEDICI E IL METODO DI DILUIZIONE
Hahnemann capì di aver scoperto un nuovo tipo di medicina, nel quale un rimedio e una malattia che presentano sintomi simili si autoeliminano facendo guarire il paziente.
Descrisse questo fenomeno con la frase latina similia similibus curentur, cioè “i simili si curino con I simili” che è la legge fondamentale dell’omeopatia.
Nel 1796 fu pubblicato il primo libro di Hahnemann sull’ omeopatia intitolato”Saggio su un nuovo principio per scoprire le virtù creative delle sostanze medicinali”. In questo saggio egli scriveva: “Dovremmo imitare la natura che a volte cura una malattia cronica con un’altra dello stesso tipo. Bisognerebbe trattare la malattia che si vuole curare, soprattutto se è cronica, con un rimedio capace di stimolare artificialmente un’altra malattia il più possibile simile alla prima, da cui in questo modo si guarirà”. Chiamò il metodo di guarigione omeopatia, dall’unione di due termini greci che significano “simile” e “dolore” o “malattia”. Nel 1810 formulò le leggi dell’omeopatia nell’ Organon dell’arte del guariree due anni dopo iniziò a insegnare omeopatia all’università di Lipsia.
Dato che alcuni medicinali contenevano sostanze velenose, Hahnemann li somministrava ai suoi pazienti solo in piccole dosi e diluite. A dispetto delle sue precauzioni, alcuni pazienti, prima di guarire, presentavano un peggioramentotemporaneo della sintomatologia. Per prevenire questi aggravamenti, decise di cambiare il metodo di diluizione. Divise il processo in due fasi alternando le diluizioni di ogni rimedio a “succussioni”, o scosse vigorose, impresse a ogni passaggio di diluizione. Hahnemann credeva che queste scosse avrebbero liberato l’energia curativa della sostanza. Con sua grande sorpresa, non solo cessarono di verificarsi aggravamenti ma, addirittura, sembrò che i rimedi diluiti agissero più velocemente ed efficacemente rispetto alle soluzioni più concentrate. Sebbene fossero più diluiti, i nuovi rimedi omeopatici, che Hahnemann chiamò “potenziamenti” si rivelarono in effetti più potenti. In omeopatia la potenza o dinamizzazione è usata per descrivere il grado di diluizione, e quindi la forza, di un rimedio.
Hahnemann continuò a sperimentare la diluizione dei rimedi per tutta la vita, usando soluzioni sempre più diluite che, paradossalmente, davano prova di essere sempre più potenti. I rimedi divennerò talmente diluiti da non contenere neppure una molecola della sostanza originale, eppure funzionavano ugualmente. Durante la sua vita, Hahnemann sperimentò circa 100 rimedi omeopatici e giunse alla conclusione che bastava la somministrazione di un singolo rimedio, per il più breve tempo possibile, per stimolare il potere di guarigione del corpo.
COME SI PREPARANO I RIMEDI OMEOPATICI
I rimedi omeopatici sono di origine vegetale, animale o minerale e vengono diluiti in vario grado per evitare spiacevoli effetti collaterali.
Paradossalmente, più i rimedi sono diluiti più risultano efficaci.
Il procedimento per la preparazione dei rimedi è molto preciso.
Per i rimedi derivanti da sostanze solubili, per esempio estratti di animali o piante, si dissolve la materia prima in una soluzione idroalcolica che contiene il 90 per cento di alcol puro e il 10 per cento di acqua distillata (le proporzioni possono variare in base alla sostanza). Si lascia riposare il composto da due a quattro settimane, agitando il flacone di tanto in tanto, e poi lo si sottopone a torchiatura. Il liquido che se ne ricava prende il nome di tintura madre. Le sostanze insolubili, come l’oro, il carbonato di calcio e il grafite, devono essere prima frantumate e triturate finemente per poi essere diluite e usate allo stesso modo delle sostanze solubili.
Per ottenere vari gradi di potenza dei rimedi, la tintura madre è diluita in una soluzione idroalcolica secondo la scala decimale( D) o centesimale( C). A ogni diluizione la tinutra è scossa vigorosamente( dinamizzazione per succusione). Nella scala decimale il rapporto di diluizione è 1:10, in quella centesimale è 1: 100.
Per avere la diluizone 1 CH (prima centesimale Hahnemaniana) per il rimedio Allium, per esempio, si pone una goccia di tintura madre in 99 gocce di soluzione idroalcolica e poi si scuote. Per produrre la diluizione 2 CH, si pone una goccia della 1 CH e 99 gocce di soluzione idroalcolica. Il numero che classifica i rimedi omeopatici e ci dice quante volte sono stati diluiti e scossi, per esempio, Allium 6 CH significa che la tinutra madre di Allium è stato sottoposta al processo di diluizione centesimale per sei volte.
Perché optare per un trattamento di tipo omeopatico piuttosto che per uno convenzionale?
I farmaci omeopatici sono meno tossici e vengono prescritti “su misura“.
Possono essere usati per stimolare l’organismo ad autoguarirsi, evitando una serie di effetti collaterali grazie anche a rimedi su misura.
In pratica, l’omeopatia:
– Favorisce l’autoguarigione: l‘obiettivo del rimedio omeopatico non è sopprimere il sintomo di per sé e basta, ma favorire la naturale capacità di guarigione dell’organismo.
– Evita effetti dannosi:Il meccanismo d’azione dell’ omeopatia non segue le logiche della chimica, con tutte le conseguenze positive che ne derivano tra cui:
– assenza di effetti tossici (la probabilità di trovare anche una sola molecola della sostanza iniziale è praticamente nulla);
– nessun problema in caso di sovradosaggio o ingestione accidentale;
– effetti collaterali praticamente inesistenti
– in linea di massima, non vi è alcuna interazione con altri trattamenti (farmacologici e non) anche se, qualora vi siano terapie in corso, è sempre meglio avvisare l’omeopata;
– possibilità di somministrare i rimedi omeopatici anche ai bambini e ai neonati.
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